Ricevo e pubblico: aprire un’azienda a Londra, storia di una disavventura (finita bene)

Ricevo e pubblico l’interessante testimonianza di Paolo, che ha deciso insieme ad un gruppo di soci di aprire una nuova azienda a Londra e mi ha chiesto di condividere pubblicamente la sua avventura/disavventura. Consiglio caldamente la lettura della sua esperienza a tutti coloro che sognano o che hanno la seria intenzione lanciare il proprio business qui a Londra, onde evitare inutili perdite di tempo e di soldi – proprio come caldeggiato da Paolo in fondo alla lettera.

Durante il periodo di Giugno 2014 decido con i miei soci che la nuova azienda dovrà avere un iter diverso da quella fondata in Italia e decido, dopo vari studi e colloqui con commercialisti di mezzo mondo, che dovrà essere situata in UK, a Londra nello specifico.

Le motivazioni che ci hanno portato ad aprire a Londra sono molteplici, ma se dovessi sceglierne una sarebbe sicuramente per il sistema giuridico. Il quale, essendo preso da tutti come modello della categoria, si porta dietro anche una serie di altri vantaggi quali investimenti e tipologia di investitori.

Deciso dove aprire, bisognava trovare qualcuno che ci supportasse nell’impresa. Conosciamo tutti il detto “mogli e buoi dei paesi tuoi”, allora ho cercato uno studio di commercialisti a Londra che fosse di origine italiana. Mi sono detto: “Visto che è la prima volta, almeno non farò qualche cavolata solo per non aver compreso il vero significato di un cavillo”.

Qui comincia l’avventura o la disavventura, a seconda di come si vedono le cose nella vita.

Google ci ha subito dato un risultato su tutti, che svettava fra gli altri: Tax and Advice.
Il sito era ben fatto, chiaro e organizzato. La posizione dell’ufficio era centrale quindi ispirava fiducia.

Da subito ho avuto un contatto diretto con una delle persone che lavoravano lì, che per convenienza chiameremo “Accountant numero 1” (la numeriamo perché ne avremo bisogno, ahimè), la quale si è sempre resa disponibile dandomi tutte le risposte di cui avevo bisogno via telefono o skype. A tutte le mie domande la risposta era sempre “non c’è problema”, “ci pensiamo noi”, “è facilissimo”. Devo dire che io associavo questa facilità nel rispondere alla snellezza del sistema fiscale inglese e mai avrei pensato cosa sarebbe successo in futuro.

La società viene aperta per via telematica (11 sterline mi pare) in 5 minuti e ci vengono inviati i dati in PDF.

Passano dei mesi, e finalmente mi libero per andare a Londra e cominciare il business; premetto che in questi mesi abbiamo preparato tutte le carte che ci sono state dette di preparare, inviate via mail, scannerizzate etc.

Siamo nel mese di settembre e finalmente incontriamo (ufficialmente era il secondo incontro) “l’Accountant numero 1” della Tax and Advice presso la sede di una banca londinese con l’obiettivo di aprire un conto corrente business, cosa che ci era stata prospettata come normale amministrazione.

All’appuntamento ci viene subito data una brutta notizia: l’Accountant numero 1 non lavorerà più per la società Tax and Advice, al suo posto ci sarà l’Accountant numero 2!

Vabbè, sono cose che succedono, certo se l’avessero detto prima magari era meglio, ma tant’è ormai siamo in ballo, balliamo.

Ci rechiamo al piano superiore dove ci aspetta l’impiegato della banca e, sorpresa, l’impiegato non aveva ricevuto alcun documento di quelli preparati nei mesi precedenti, era completamente a digiuno di qualsivoglia informazione sulla nostra società. Scatta quindi l’ora e un quarto di interrogatorio su chi siamo e cosa facciamo, tempo in cui le due accountant, presenti entrambe, non hanno minimamente mosso le labbra per cercare di far andare tutto come avrebbe dovuto, e quando lo hanno fatto devo dire che sia io che il mio socio abbiamo pensato sarebbe stato meglio lo avessero evitato (l’inglese è una lingua difficile…)

Dopo questi 75 minuti di puro torchiaggio, decidiamo che è bene mettere le cose in chiaro e chiediamo alle due accountants di fare due chiacchiere a quattrocchi.

Durante il discorso abbiamo chiarito che se l’azienda non fosse stata in grado di assisterci nell’apertura del conto (come da contratto) avremmo rescisso il contratto e richiesto il rimborso, cosa che ci è stata prontamente avallata dall’accountant numero 2, la quale ha provato a giocarsi la carta “apertura conto in Montenegro…” No comment! La cosa che più ci ha dato fastidio è che continuavano a dire che le regole bancarie erano cambiate negli ultimi due mesi e che era diventato difficilissimo, se non impossibile, aprire un conto UK Business senza avere già dei clienti o essere residenti.

Passano ancora delle settimane e non sentiamo nessuno, mandiamo email all’accountant numero 2 e nessuno ci risponde, il 10 ottobre decidiamo che è ora di chiamare e ci risponde con nostra meraviglia l’accountant numero 3 che senza batter ciglio ci comunica la dipartita professionale della sua collega, la numero 2.

Devo dire che in quel momento le nostre mascelle erano raso terra, eravamo demoralizzati, incazzati e sopratutto capivamo di aver buttato tre mesi senza aver concluso assolutamente niente.

Da qui in poi è roba di avvocati: abbiamo inviato una serie di lettere atte a far valere i nostri diritti, i quali all’inizio sono stati mitigati con scuse e fuffe varie, ma poi ci è stata data ragione nei fatti e rimborsato l’intero importo versato.

Volete sapere come è andata a finire la storia? Beh, come sempre chi fa da sé fa per tre: sono partito per Londra dopo aver preso appuntamento con cinque banche, alla prima ci è stato aperto il conto senza grossi problemi, l’importante era presentare una prova di indirizzo e una fattura di un fornitore.

Abbiamo poi scelto un commercialista londinese che non possiamo ancora dire come sia perché è troppo presto, ma almeno non dice “sì” a tutto senza pensarci su neanche un minuto.

Questa mia testimonianza è per tutti coloro che vogliono intraprendere un’attività in UK, poiché vorrei evitare loro passaggi inutili e costosi come successo a noi.

 

Paolo

 

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