Nota prima della lettura. Questo post è molto lungo, ok? Le foto presenti sono state tristemente trafugate dal World Wide Web perché sono in attesa di entrare in possesso di quelle scattate nel corso del viaggio sono state scattate con un telefono, vista l’impossibilità di utilizzare una normale macchina fotografica (vedi sotto per le spiegazioni). Se cliccate sui link potrete comunque vedere delle foto dei luoghi visitati e le relative mappe. Per qualsiasi informazione sull’itinerario da me percorso e sui costi di viaggio non esitate a contattarmi!
“Erano settimane che aspettavo queste vacanze, sono stressata! Ecco perché!”
Ferma ed immobile, con una magno serrata in un pugno minacciosamente nascosto e l’altra stretta intorno ad una penna, trattenevo lacrime di rabbia mentre l’impiegata dell’ufficio Lost&Found telefonava instancabile ed affabile maneggiando il mio passaporto tra le grinfie laccate.
“Questi italiani che si emozionano facilmente” dice ridendo alla collega mentre fa per porgermi un fazzoletto, che io accetto con un grugno non appena finisco di compilare il modulo di ordinanza.
Guarda che anche se l’hai detto in turco si capisce perfettamente, cretina.
“Il suo bagaglio è andato perso, forse è a Londra, forse è qui ad Istanbul, chissà, se mi dà l’indirizzo del suo albergo glielo spediamo non appena lo ritroviamo.”
“Senta, sto per partire per un road trip, il mio bagaglio non farà in tempo a raggiungermi che io sarò già altrove. Vi chiamo io, eh. Vado che ho un altro aereo da prendere”.
Keep calm and carry on. Bè, oddio, sul “keep calm” devo ancora un attimino lavorarci su, ché non è che si diventa inglesacci tutti di un pezzo dall’oggi al domani. Ma pure senza vestiti estivi appresso, senza altre scarpe se non le Converse da viaggio, senza cavetto per caricare il telefono e macchina fotografica (maffa), io e la mia borsetta nera infarcita di documenti, carta di credito, tablet scarico su cui avevo caricato la guida della Lonely Planet in pdf e una copia cartacea de “Il Maestro e Margherita” ci siamo sentite abbastanza forti ed invincibili da proseguire il viaggio senza paure né tormenti all’urlo di “Mi rimborserete pure l’acqua con cui mi sono lavata i denti”. Un bello spirito, non c’è che dire.
Il volo da Istanbul Atatürk ad Izmir, l’antica Smirne, è veloce e spettacolare: la luce del tramonto contrasta il profilo dell’isola di Lesbo (Grecia), e il panorama dall’oblò è di quelli che vorresti non avessero mai fine.
La moderna Smirne è oggi una città di ben tre milioni e mezzo di abitanti la cui baia sembra essere stata stuzzicata da un immenso gomito, e questa particolare fisionomia fa sì che Izmir somigli molto… indovinate indovinate a quale altro posto nel mondo? Essì, alla cara vecchia Genova. La somiglianza è forte nel momento in cui ci si ferma ad osservare la particolare disposizione delle case arroccate lungo le pendici delle colline che compongono il manto della città dietro la costa, perché oltre a questo l’antica Smirne può vantare un’originalità toponomastica tutta sua.

Alle otto del mattino fa già molto caldo, e lungo il kordon – il lungomare – decine di pescatori sono allineati in compagnia delle loro attrezzature in attesa del colpaccio della giornata. Io e la mia amica ci imbattiamo in un gruppo di sei cani randagi che girovagano spensierati sulla passeggiata ed io, memore delle passate e traumatiche esperienze in Romania risalenti a quattro anni prima, penso bene di fare dietrofront e di allontanarmi dal branco di bulletti. In realtà poco dopo scopriamo che tutti i cani randagi presenti in città sono dotati di microchip, e che non costituiscono pericolo alcuno per i passanti. Ovviamente il consiglio è quello di non toccarli e di non stuzzicarli, per il resto li troverete spesso distesi su un fianco a cercare refrigerio dal caldo cocente all’ombra di alberi nei parchi e lungo le strade della città senza dare fastidio a nessuno (questo a Izmir e in tutta la Turchia, ma a Istanbul il discorso è diverso, capirete il perché nel post dedicato).
Prima di recarci in aeroporto e recuperare la macchina a noleggio prenotata su Internet faccio un salto nel primo negozio aperto che trovo per acquistare il necessario che mi consenta di sopravvivere lungo le coste turche: un paio di shorts, una maglietta, mutande, un telo da mare, un paio di sandali e un costume da bagno. Poco meno di 50 euro e scontrino nel portafoglio da conservare per i conti finali con la compagnia aerea.
Accesi i motori e rifocillato il bagagliaio con bottiglioni di acqua da 5 litri e dell’ottimo pane turco appena sfornato (provate la ciambella Simit), inizia la nostra avventura verso il Sud. Arriviamo a Efeso, uno dei più importanti siti archeologici d’Europa. Nonostante l’ingombrante quanto inutile presenza di negozi di souvenirs e l’arrivo di comitive a frotte con grandi pullman, l’area di quella che altro non fu che la terza città più potente del mondo antico dopo Roma ed Alessandria d’Egitto è una meraviglia per gli occhi e una sosta obbligata prima di raggiungere le calde spiagge dell’Egeo. Per ammirare pienamente i resti portati alla luce dagli scavi vi consiglio di restare a Efeso per almeno un paio di ore. Non state ad acquistare guide in loco, l’area è disseminata di esaurienti e utili cartelli in turco, in inglese e in altre lingue.

La tappa seguente è il Dilek National Park, una bellissima distesa di verde lungo la costa ad una ventina di chilometri a sud (le indicazioni stradali lo indicano come Milli Park) della turistica Kusadasi. Qui troverete quattro spiagge, nemmeno troppo affollate, di cui le ultime due sono decisamente le migliori. Queste sono attrezzate con bellissimi lettini in legno gratuiti, il mare è pulito e trasparente: i fondali non sono niente di particolare, ma se vi portate una maschera potrete ammirate branchi di occhiate e saraghetti transitarvi davanti agli occhi. Quasi sicuramente riuscirete ad imbattervi, come è capitato a noi, in simpatiche famiglie di cinghiali alla ricerca di cibo tra i bagnanti. Niente paura: sono innocui, e siete pur sempre in un Parco Nazionale, per ogni evenienza il posto è ben controllato dal personale, quindi tranquilli.

Terminata la rilassante pausa spiaggereccia pomeridiana, ci mettiamo in viaggio verso Bodrum, dove arriveremo solo in tarda serata. Che dire di Bodrum? Tamarra. Decisamente troppo tamarra per i miei gusti, e troppo troppo simile a quello che ti aspetteresti di trovare una qualsiasi località turistica del Mediterraneo. Ciononostante, le bianche costruzioni a due piani ed il buon mantenimento della zona la rendono molto gradevole sotto un profilo puramente estetico. Bodrum è diventata famosa perché da qui, in un’ora, è possibile raggiungere in traghetto l’isola di Kos (Grecia) nonché per la bellezza delle coste che la affiancano. Quello che la maggior parte dei turisti dimentica è che Bodrum altro non è che l’antica Alicarnasso, patria di Erodoto e di uno dei monumenti considerati una delle sette meraviglie del mondo nell’antichità, il Mausoleo di Alicarnasso.
Fatichiamo non poco trovare un posto decente – senza riuscirci – dove mangiare qualcosa mentre le televisioni trasmettono la finale della Coppa del Mondo Germania-Argentina, districandoci in vie animate da scenari allucinati ed allucinanti in cui ogni locale fa a gara su chi la mette a più alto volume, aitanti ragazzi ballano incerte danze su tavolini sotto gli occhi imbarazzati degli avventori e banchi infiniti di souvenir riflettono la stroboscopica schizofrenia delle luci laser sparate da ogni angolo della strada. L’inferno dantesco a confronto è riservato a personaggi virtuosi, nonostante tutto, che l’Alighieri non me ne voglia.
La mattina seguente scappiamo a gambe levate da Bodrum, e per farlo ci imbarchiamo su un traghetto diretto alla penisola di Datca, che promette grandi cose. La “nave” arriva a destinazione dopo poco più di due ore di viaggio sotto i soffi di un potentissimo vento di ponente. L’attracco è concitato: in poche parole, gnà fanno. Le raffiche stanno per avere la meglio mentre il piccolo ferry si avvicina pericolosamente alla prua di un’altra imbarcazione parcheggiata nel porticciolo. Noi siamo a bordo, la macchina noleggiata pure. Yay. Il tempo di deprimerci per il tempo che si sta perdendo lì sopra che un aitante marinaio tutto salino e pelle cotta dal sole – lasciamo perdere le cazzate sparate con la mia amica sul mitologico fascino degli uomini di mare “che lanciano ancore e mangiano polpi vivi” – salta a bordo di un fumoso rimorchiatore, e in pochi minuti riesce a raddrizzare il nostro traghettino sfigato.

La penisola di Datca è una meta veramente imperdibile se volete fuggire dalle solite spiagge affollate della costa egea. Pochi centri abitati, chilometri di coste che nascondono calette isolate e nascoste da brevi sentieri immersi nella natura. Un paesaggio così simile ai panorami della più selvaggia Sardegna “interna”, quella che in pochi si sbattono per scoprire, in macchina o in moto, per un solo giorno lontano dalle rinomate coste azzurre.
Prendiamo una strada interna che porta verso Marmaris, il “capoluogo” della penisola di Datca, e ci fermiamo in una piazzola al lato della strada non appena il mare ci pare più vicino ed accessibile a piedi. Seguiamo un breve sentiero e nel giro di pochi minuti ci ritroviamo ai bordi di una minuscola spiaggetta, la cui sole presenze sono quelle di un vecchio ponticello in legno ormai degradato ed un piccolo gozzo abbandonato a sé stesso. Felici di cotanta solitudine, ci apprestiamo per una nuotata nel piccolo paradiso trovato all’improvviso, ma il fondale è impraticabile: le pietre sono tante, aguzze e taglienti. Cerco di andare avanti a gattoni, quando mi rendo conto della presenza di centinaia di ricci che non so come ero riuscita per miracolo ad evitare. Non riesco ad andare avanti, le pietruzze sono una tortura, i ricci una minaccia, mi arrendo e mi areno sulla spiaggetta per un po’ di sole.

Dormiamo a Marmaris, cittadina piena zeppa di cafè e ristoranti a buon prezzo, nonché di lungomare non particolarmente attraente ma reso interessante dalla presenza di chioschi che servono invitanti pannocchie di mais da mangiare dopo un bel bagno (altro che patatine e sammontana) o le non molto leggere patate ripiene (non ricordo il nome turco della ricetta). Il nostro albergo, pulito ed economico, sorge vicino ad una moschea, per cui alle 4.15 del mattino circa vengo svegliata dalla voce del muezzin. Nonostante questo – e lo posso dire perché ho la fortuna di avere il sonno bello pesante – ammetto che il salmodiare dal minareto ha un grandissimo fascino, fascino che nel corso di questo viaggio ha raggiunto il suo apice in quel di Istanbul.

Il giorno seguente ci mettiamo in marcia di buon’ora: abbiamo tanti chilometri ancora da percorrere. Raggiungiamo Fethiye, dove ci fermiamo brevemente per acquistare crema solare e una dozzina di buonissimi baklava, venduti per l’esorbitante cifra di… 3 euro. La medesima quantità di baklava a Istanbul viene di solito venduta per almeno il triplo del valore, tanto per dire. Da qui alla bellissima Oludeniz il passo è breve: ci attende una bella spiaggia lunga, mare turchese e decine di parapendii sulle nostre teste, viene voglia di provare. Purtroppo però il tempo non è dalla nostra, e dopo un paio di ore ci imbarchiamo alla volta della famosa Valle delle Farfalle (occhio, so che ce n’è un’altra a Rodi!). Il posto vale sicuramente la pensa di essere visitato, ma a fine giornata l’eccessivo numero di imbarcazioni attraccate a due passi dal bagnasciuga fa sorgere due domande sulla scarsa regolamentazione con cui l’accesso a questa bellissima oasi di pace è gestito. E’ il turismo di massa, baby, lo sappiamo tutti, ma du’ regolette?

Con queste perplessità in testa ci mettiamo in viaggio verso Olympos, dove ci attende una notte presso un camping allestito con le bellissime case sull’albero tipiche del posto. Una sosta a Kas per la cena ci fa rimpiangere di non avere avuto abbastanza tempo per trascorrere qui una giornata intera, comunque sia doveste capitare da queste parti ricordatevi di fare una puntata alla vicina spiaggia di Kaputas e alla città sommersa di Kekova. Non stiamo certo parlando di escursioni lontane dai circuiti turistici, tuttavia in questi casi prendo come fonte di ispirazione la mamma di Forrest Gump e penso che “turista è chi turista lo fa“, se vogliamo appenderci alla connotazione più negativa del termine.

Arriviamo a Olympos che è notte fonda, e solo grazie all’aiuto provvidenziale di due giovanissimi del posto, che su loro iniziativa ci fanno strada con la loro macchina per svariati chilometri, riusciamo a giungere a destinazione.
Ne approfitto per spendere due parole sulla popolazione turca, perché credo che sia stata la vera protagonista del nostro viaggio: uomini e donne, anziani e bambini, non una volta che abbiano negato un’informazione, una richiesta di aiuto, un sorriso, una battuta, una cortesia. Ci è capitato di chiedere informazioni e di accogliere le persone nella nostra macchina per un breve tragitto, mentre loro ci davano indicazioni e noi, alla fine, per ringraziarle offrivamo loro un passaggio verso casa; di domandare in giro consigli su dove mangiare la sera, e di ritrovarci con un signore, forse pescatore, un po’ ubriaco seduto al nostro tavolo che, dopo una birra, ha fatto ritorno a casa, non dopo averci fornito alcuni suggerimenti su Istanbul; ci è capitato che ci venissero offerti tè e dolcetti solo per il gusto della buona ospitalità fine a sé stessa; ci è capitato di avere di fronte a noi persone sempre pronte a dare una mano, e a capire e a farsi capire senza chiedere nulla in cambio, nonostante le differenze culturali e linguistiche. Sulla Lonely Planet acquistata prima della partenza ho letto le seguenti parole: preparatevi per l’ospitalità turca. Verissimo, bisogna prepararsi e abbassare anche un po’ la guardia, che chissà perché per noi che veniamo dal benestante Ovest è sempre altissima, e finiamo per fare la figura dei cretini con il bagaglio di pregiudizi e diffidenza che ci portiamo sempre appresso.

Olympos credo sia stata la spiaggia più bella e particolare visitata nel corso del nostro itinerario. Una lunga distesa bianca circondata dalle rovine dell’omonima città risalente al periodo ellenistico, tome e antiche mura visitabili all’ombra di lussureggianti alberi e fresche piscine naturali scavate nelle rocce. La spiaggia di Olympos si trova all’interno di un parco naturale che la sera chiude alle presenze umane per permettere alle tartarughe caretta caretta di depositare le uova, che vengono poi custodite e protette all’interno di apposite casupole in attesa che si schiudano. L’idilliaco scenario è coronato dalle severe montagne sovrastanti la costa, ed un mare tra i più caldi, puliti e cristallini che io ricordi. Portate la protezione solare, qui il caldo è secco ma il sole picchia: 40 gradi all’ombra assicurati, e la temperatura dell’acqua viaggia tra i 20 ed i 25 gradi, una meraviglia. Se non sopportate il caldo, potrete ripararvi all’ombra delle rocce e della vegetazione presenti a bordo spiaggia.
Cotte come dei tacchini, ma soddisfatte per le lunghe nuotate fatte e la bellezza del posto, anche se tristi per l’ultimo giorno di mare del viaggio, ci mettiamo in marcia verso Antalya, dove restituiamo la macchina, dormiamo in un posto abbastanza tremendo ma gestito da un tizio così buffo e gentile da far risultare l’intera situazione piuttosto bohémien, mangiamo nell’ennesimo ristorante terrazzato nel cuore dell’affascinante centro storico (il resto della città fa abbastanza schifo) e ci apprestiamo al volo della mattina seguente, direzione Istanbul.
Alcune informazioni di viaggio:
Compagnie aeree
La Turchia è raggiungibile da Londra per mezzo di diverse compagnie: British Airways, Turkish Airlines, Pegasus e Atlas Jet. Le ultime due sono low cost. All’andata ho viaggiato con Atlas jet e mi sono trovata benissimo (bagaglio a parte, che però non credo sia dipeso interamente da loro), prezzi bassi, aerei belli e comodi, ottimo cibo, buon servizio a bordo. Unica pecca: al contrario della Turkish, che rimane un’ottima compagnia con prezzi però un po’ alti, niente “entertainment” a bordo per un volo di 4 ore. Poco male comunque, portatevi da leggere. Al ritorno sulla Turkish ho guardato “Il grande Gatsby” e mi sono addormentata allegramente, quindi televisori o non televisori la differenza sui voli di medio raggio è di poca importanza, specie quando la differenza di prezzo è molta (la Turkish costicchia).
Voli interni
La Turchia è bella grossa, ma questo aspetto è mitigato dal fatto che i voli interni che collegano le varie città dello Stato sono davvero economici. Le compagnie che operano sono diverse: Pegasus, AtlasJet, Turkish Airlines, SunExpress, OnurAir. Prezzi veramente ridicoli: io ho speso 48 euro tasse incluse per due voli con Pegasus, Istanbul-Izmir e Antalya-Istanbul, ma prenotando qualche giorno prima avrei potuto spenderne anche solo 30.
Trasporti locali
Se non volete noleggiare la macchina, potete fare affidamento sull’ampia rete di autobus che collega le località più importanti della Turchia in modo economico ed efficiente. Se non dovete percorrere molti chilometri potete anche chiamare un taxi: il costo di solito si aggira sugli 80 centesimi/1 euro al chilometro più 1 euro alla chiamata, controllate che il tassametro sia acceso, e buon viaggio! Per il traghetto da Bodrum a Datca abbiamo speso 95 lire turche per imbarcare la macchina (circa 30 euro) più 15 lire turche a testa (3 euro) per il passaggio ponte. Su alcune autostrade si paga un piccolo pedaggio, di solito pari a 2-5 euro.
Noleggio macchina
Cercando su Skyscanner o Rentalcar ho trovato da noleggiare un’auto diesel con l’ottima Hertz al costo di 75 sterline (circa 94 euro) per quattro giorni, aggiungendone però altre 80 per il fatto di aver consegnato la macchina in un posto diverso da quello di ritiro. Un pieno di diesel, col quale abbiamo percorso più di 900 chilometri, costa circa 80 euro. Le strade sono in ottime condizioni e la segnaletica è ok, occhio solamente in città dove la guida si fa un po’ più aggressiva e spericolata. Molti i parcheggi a pagamento, ma a cifre sempre ridicole (di solito 2 euro per l’intera giornata).
Hotel e dove dormire
La nostra idea iniziale era quella di dormire negli ostelli, poi ci siamo arrese al fatto che con 10-15 euro a testa a notte colazione inclusa potevamo approfittare di camere in alberghi dislocati in zone abbastanza centrali, puliti e con personale molto cortese, alle volte perfino muniti di piscina (per chi fosse interessato). Per le prenotazioni mi sono affidata al solito Booking.
Attrazioni
L’ingresso a Efeso costa 10 euro (30 lire turche). Il Dilek National Park 3 euro con la macchina, così come l’ingresso ad Olympos.
Mangiare fuori e divertimenti
Le città costiere della Turchia, esattamente come Istanbul, sono intasate di ristoranti mediocri che cercano di attirare clienti a gran voce e con molta insistenza, e gli interni invitanti non sempre sono sinonimo di una cucina virtuosa. Il consiglio è quello di informarvi in anticipo, consultare Trip Advisor e i forum dedicati alla vostra zona di interesse, buttare un occhio alla Lonely Planet, segnare a mano gli indirizzi su di un’agenda e non improvvisare, questo se volete mangiare bene spendendo meno di 20 euro a testa per due piatti di pesce ed un po’ di buon vino. Nei bar un buon tè turco costa 1 euro, una birra media Efes 2 o 3 euro (a seconda delle località), una bottiglia di vino sui 5 euro, ma non aspettative bevute indimenticabili. Il tabacco non ve lo tirano dietro: una busta da 50 grammi di Golden Virginia costa 10 euro, per fare un esempio. I cocktail sono abbastanza costosi e spesso fatti male, buttatevi sul tipico raki che è meglio!
Acquisti e souvenirs
Acquistando una confezione da mezzo chilo di baklava negli anonimi forni delle cittadine costiere non turistiche (non Bodrum, per dire) potreste spendere anche solo 10 lire turche, ovvero 3 euro. Ad Istanbul i prezzi per magia triplicano, se non di più. Con pochi centesimi potrete assaggiare l’ottimo pane turco caldo, appena sfornato. I souvenir più gettonati sono l’occhio del diavolo, i piatti colorati, i set per i caffè ed il tè, le spezie ed i dolci turchi, tra questi ultimi baklava e lokum in pole position.
Se hai bisogno di informazioni più approfondite sulla Turchia in vista di un viaggio o perché vorresti percorrere il medesimo itinerario non esitare a contattarmi!
[Banalmente] a Londra è anche su Facebook, Twitter, Instagram e Pinterest!
Io sono stato a Istanbul e a Izmir con la nave nel 2012 ed è stato bellissimo, ho 15 anni e voglio trasferirmi a scuola dopo che finisco la scuola e comunque a me piace viaggiare, però ho paura che trasferendomi la non riuscirò a cavarmela ne con i viaggi ne con il lavoro.. tu come hai fatto ad organizzarti con viaggi e il trasferimento che comunque ho letto e devo dire che già le spese sono troppo alte secondo me…
Ciao Alessandro, grazie per il tuo commento e perdona la risposta tardiva. Per venire a Londra bisogna mettersi da parte un po’ di soldi, questo sì, perché la vita è molto cara. Però un lavoretto si trova senza fatica, anche se non hai esperienza. Puoi provare anche in altre città inglesi che costano meno, al Nord ad esempio. In bocca al lupo!
ciao! questa estate vorrei fare più o meno lo stesso giro. Ho già acquistato i voli Turkish su Izmir ed ho prenotato la prima notte a Selçuk così da essere ad Efeso all’apertura (magari evitando troppo caldo e troppa ressa). A Bodrum vorrei fare l’escursione giornaliera nella Baia di Gokova, ma poi scappare appena possibile. Volevo anche io prendere il Ferry fino a Datca fermarmi 1 notte per raggiungere Oludeniz. Da lì vorrei arrivare a Kas e godere delle spiagge più belle della zona (Patara, Kaputas etc.) il sogno sarebbe anche quello di raggiungere Castellorizo in giornata.
Sulla strada di ritorno ad Izmir ci piacerebbe fare sosta anche a Pamukkale.
Noi avremo 12 giorni, ti sembra uno sbattimento, oppure é fattibile? vedo che voi avete macinato tanti km in soli 4 gg. come sono le strade? grazie per le info che vorrai darmi.
Ciao Valentina! Ottima idea per Efeso, in effetti quando sono arrivata all’entrata c’erano già un sacco di persone (principalmente crocieristi in arrivo da Izmir) quindi prima riesci meglio è – soprattutto per il caldo. Bodrum l’ho detestata e sono scappata dopo pochissimo (per fortuna), la gita nella Baia sicuramente merita e fai bene a farla, io non l’ho fatta. La penisola di Datca è poco visitata (oddio, almeno fino a 4 anni fa!) e per esplorarla un poco ti consiglio di fare minimo una giornata intera, ti consiglio di considerare l’alternativa di saltare Datca se non hai molto tempo a disposizione e di vagliare un’altra alternativa tra Bodrum e Oludeniz (pare ci sia un bel canyon sulla strada, credo sia questo https://www.tripadvisor.it/Attraction_Review-g298031-d552748-Reviews-Saklikent_Milli_Parki-Fethiye_Mugla_Province_Turkish_Aegean_Coast.html). Lascia stare Marmaris, è in una bella posizione ma è un’altra Bodrum. Butterfly Valley bella ma affollata, tornassi indietro non la rifarei. Oludeniz mi è piaciuta, anche se un po’ turistica. La zona di Kas per le spiagge in effetti è fantastica, la scelta migliore. 12 giorni è sicuramente meglio dei nostri 4 giorni (quasi 1.000 km, argh!!) direi che non è troppo sbattimento. Le strade sono in ottime condizioni, nulla da segnalare! Siamo state fermate quasi tutti i giorni dalla polizia stradale turca, nulla di anomalo ma occhio a non sgarrare – fanno solo controlli dei documenti, sono sempre stati gentili. Fammi sapere se hai bisogno di altre info 🙂 Samanta
grazie mille Samanta, sei gentilissima! se avrò altri dubbi, mi ricorderò di ricontattarti! 🙂